Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 166 — |
FAVOLA II.
La diversità dell’umane cose, la varietà di tempi, i costumi degli uomini maligni fanno spesse volte quello che è bello, parer brutto, e quello che è brutto, parer bello. Laonde, se in questa favola, che ora raccontar intendo, fosse cosa alcuna che offendesse l’orecchie vostre, mi perdonerete, riservandovi ad altro tempo il convenevole castigo.
In Arcadia, paese della Morea, detta d’Arcade figliuolo di Giove, ove primieramente fu trovata la rustica e boscareccia sampogna, abitava ne’ passati tempi un monaio, uomo bestiale e crudele; ed era per natura sì sdegnoso, che poche legna accendevano il suo fuoco. Ei aveva un asino orecchiuto, con le labra pendule, il quale, quando raggiava, faceva tutto il piano risonare. Questo asino per lo poco mangiare e poco bere che il monaio gli dava, non poteva sostenere le gran fatiche, nè tolerare le dure bastonate che ’l patrone continovamente gli dava. Onde il povero asino sì distrutto e consumato divenne, che sola la pelle sopra le macerate ossa rimase. Avenne che ’l povero asino, tutto adirato sì per le molte busse che ogni giorno riceveva, sì anco per lo poco cibo ch’aveva, dal monaio si partì e col basto sopra il dorso molto