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di non mancarle di aiuto, dolendosi tuttavia con lei del caso intravenuto. Partitosi il cavalliere secretamente montò a cavallo, e con quattro buoni compagni seguì la femina che con le gioie fuggiva, e avanti che la sera venisse, l’aggiunse ad una fiumana la quale voleva valicare; e conosciutala alli contrasegni, la prese per le treccie e fecela confessare il tutto. Il cavalliere, lieto per le riavute gioie, a Verona ritornò; e trovato opportuno tempo, alla sua donna le rese. E così ella, senza che ’l marito di tal fatto se n’avedesse, col suo onore nel primo stato rimase.

Già Lauretta aveva dato fine alla sua favola, quando la Signora le fece motto che con l’enimma seguisse. Ed ella senza indugio in tal modo disse.

Bello e leggiadro son, vago ed adorno;
     Albergo fra donzelle e gran signore.
Seco vo solazzando notte o giorno,
     Senza sospetto alcun, dentro e di fuore.
La polve e ’l caldo tavole d’intorno
     Di lor contento; ma gran disonore
Parmi al mio stato e degno capitale,
     Parar le mosche, vespi e le cenzale.

Fu, se non da tutti, almeno dalla maggior parte inteso l’enimma, che ’l ventaglio, che porta la donna in mano, significava. Ed acciò che l’ordine si seguitasse, la signora impose ad Arianna che dicesse; ed ella così a dire incominciò.