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pose, e con tanta scienza e con tanta dottrina interpretò la scrittura sacra, che tutti e dottori firentini tra se affermavano non avere per lo adietro mai udito meglio. Finita la disputatione, se ne andorono i firentini a riposare: e venuto il giorno, fecero tra loro consiglio si partirsi o andar dinanzi doveano. E dopo molto contrasto determinorono partire esser migliore, per ciò che, se ne gli agricoltori, se ne gli osti, se ne’ fanti e nelle femine è tanta dottrina, che saria nella città, dove sono uomini consumatissimi e che ad altro non attendeno che alli continovi lor studii? Fatta adunque la deliberazione, senza indugio alcuno, nè pur vedute le mura della città di Bergamo, montarono a cavallo e verso Firenze presero il camino. E in tal maniera i bergamaschi con la loro astuzia furono contro i firentini vittoriosi. E da quell’ora in qua i bergamaschi ebbero un privilegio dall’Imperatore, di poter sicuramente andar per tutte le parti del mondo senza impedimento alcuno.
Non senza risa il signor Feriero pose fine alla sua breve favola, e l’astuzia dei bergamaschi fu da tutti lodata e la viltà de’ firentini biasimata. E perchè la Signora conosceva tal ragionamento ridondare in vituperio de’ firentini, alli quali ella era non poco afficionata, comandò che ogni uno tacesse e che ’l signor Feriero con lo enimma seguisse. Il quale, voltatosi verso Fiordiana, disse: Signora, voi mi avete dato il carico di novellare, con poco soddisfamento di tutti: sarebbe ben onesto e giusto che ora voi toleste il carico di raccontare l’enimma: a me non richiede tal impresa, per non esser io in tal cosa essercitato mai. Fiordiana, che non era pusillaneme, ma di valoroso core, disse: Signor Feriero, non ricuso l’impresa,