che era prudente ed astuto, veduti i capponi grassi e ben arrostiti, e considerata la ignoranzia del prete, strinse le labbra e s’astenne dalle molte risa; doppo con faccia gioconda accettò i capponi, e resegli mille gratis. Messer pre’ Papiro, udite le parole del vescovo, per la sua grossezza non le comprese; ma tra se stesso pensò che il vescovo li richiedesse mille fassa di legna. Laonde l’ignorantazzo, gettatosi a’ piedi del vescovo, con le ginocchia a terra, disse: Monsignor mio, vi prego per lo amor che portate a Iddio, e per la riverenzia che io vi porto, non vogliate imponermi tanta gravezza, perciò che la villa è povera, e mille gratis è troppo gran carico a così bisognoso luoco; ma accontentativi di un cinquecento, ch’io li manderò più che volontieri. Il vescovo, quantunque fusse giotto ed astuto, non però comprese quello che dir voleva il prete; ed acciò che non paresse, come egli, ignorante, si achetò al voler suo. Il prete, fornita la festa, e presa buona licenza e la benedizione dal vescovo, a casa ritornò. E tantosto ch’aggiunse a casa, trovò i carri, e fece caricare le legna; e la mattina sequente al vescovo le mandò appresentare. Il vescovo, vedute le legna ed inteso chi era il mandatore, assai s’allegrò e molto volontieri le ricevette. Ed in tal maniera il grossolone, persistendo nella sua ignoranza, con suo disonore e danno perdè i capponi e le legna. — Avenne, dopò non molti giorni, che nella predetta villa di Bedicuollo trovavasi un contadino, detto per nome Gianotto, il quale, quantunque fosse uomo di villa e nè leggere nè scrivere sapesse, era nondimeno tanto amatore de gli virtuosi, che servo in catena si sarebbe fatto per loro amore. Costui aveva uno figliuolo di buon aspetto, che dimostrava chiaro segno di divenir scienziato e dotto: il cui nome era Pirino. Gianotto,