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vedendolo bello e leggiadro, e considerando l’ingiuria che le faceva il marito tenendola chiusa nella torre, dispose al tutto seguire il piacer suo. Ma prima che lo contentasse, disse: Maestro, gran cosa son le forze d’amore: le quali mi hanno ridotta a sì fatto termine, che io sono rimasta più vostra che mia. Ma poscia che così vuol la sorte, ch’io sia in servitù d’altrui, son disposta che la deliberazione seguiti l’effetto: con questa però condizione, ch’io posseda la guadagnata robba. Il mercatante, veduta l’ingordigia della Reina, prese la nobil merce, e quella le diede in dono. La Reina, invaghita della cara e preciosa robba, dimostrando di non aver il cuor di pietra nè di diamante, prese il giovane per mano e menòlo in un camerino; e affettuosamente s’abbraciarono e basciarono. Il giovane, messala sopra il letto e lui coricatosi appresso, alziòle la camicia ch’era più che neve bianca; e preso in mano il piviolo, che già dritto era, subito nel solco lo mise, e prese gli ultimi frutti d’amore. Adempita che ebbe il mercatante la sua voglia, uscì di camera, e chiese alla Reina la sua merce in dietro. La Reina, questo intendendo, attonita rimase; e da dolore e da vergogna oppressa, così disse: Non conviensi ad uomo magnifico e liberale addimandare in dietro la cosa lealmente donata. Questo fanno i fanciulli, che per la tenella età sono di senno e d’intelletto privi. Ma a voi, uomo savio e accorto, a cui non fa bisogno curatore, io la robba restituir non intendo. Il giovane, che di tal cosa prendeva trastullo, disse: Signora, se voi non me la darete, lasciandomi andare alla buon’ora, io mai non mi partirò di qua, sino attanto che ’l Re venga: ed egli, giusto e sincero, o la pagherà, o farammela, com’è convenevole, ristituire. La Reina, decetta dall’astuto mercatante, temette che il Re non