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non sono beni duraturi, e se aviene che le goda il patrone, non le gode l’erede.

Ingeniosa fu la favola d’Arianna raccontata; e da tutti fu laudata molto. Indi, avuto il segno dalla Signora che con l’enimma seguisse, in tal maniera disse:

Quando penso ch’io son sì ben fornita
     Di denti e della lingua, e son senz’ossa,
E ch’in luogo mi son sì stabilita,
     Che masticar nè ragionar non possa,
Sempre vi sarà dura la mia vita.
     Per me m’accuso, e a dirvi mi son mossa
Ch’a mezzo ho un bucco, e chi talor mi ficca:
     Ma tosto ho chi me’l tragge, e fuor li picca.

Questo enimma diede molto che dire; non però fu da alcuno inteso, salvo da Isabella; la quale disse altro non significare, se non la serratura: la quale ha denti e lingua, ma non ha ossa, nè può mangiare; e chi la ficca è la chiave, che spesse volte apre la cassa; e chi la tragge fuori della serratura, la picca a qualche chiodo.

Fine delle due novelle aggiunte nelle edizioni 1556 e posteriori.




il fine della ottava notte.