busse: ma il vecchio bellamente scese giù della scala, e aperto l’uscio si partì. La donna, partito il vecchio, se n’andò in camera, dove era l’innamorato giovane; e quasi piagnendo li raccontò il tutto, temendo forte che ’l scelerato vecchio non l’appalesasse al marito: e addomandògli consiglio, che via ella tener dovesse. Il giovane, che era savio e accorto, prima confortò la donna, e diedele animo; indi prese ottimo partito, e disse: Anima mia, non dubitate punto, nè vi sgomentate; prendete il consiglio che vi darò io, e state sicura che ogni cosa riuscirà in bene. Ritornato che fia il marito vostro, raccontategli la cosa, come giace: dicendogli che ’l tristo e sciagurato vecchio v’infamia di commettere il peccato con questo e con quello; e annoveratene quattro o sei, tra’ quali ancor me mi porrete: e poi lasciate operar la fortuna, che vi sarà favorevole. Parve alla donna ottimo il consiglio; e fece tanto, quanto l’amante la consigliò. Ritornato il marito a casa, la donna si mostrava molto addolorata e trista, e con gli occhi pieni di lagrime malediceva la sua trista sorte; e addimandata dal marito, che cosa avesse, nulla rispondeva: ma solo piangendo ad alta voce diceva: Io non so che mi tenga ch’io da me stessa non mi dia la morte; chè non posso patire che un perfido e traditore sia causa della mia ruina e perpetua infamia. Ahi, misera me, che aggio fatto io, che debbio essere lacerata e fino al vivo squarciata? E da chi? Da un manigoldo, da un assassino, che meriterebbe mille morti. Pur, astretta dal marito, gli disse: Quel temerario e prosontuoso vecchio amico vostro, Anastasio, uomo insensato, lascivo e dissoluto, non è egli venuto l’altra sera a me chiedendomi cose non men disoneste che triste, offerendomi danari e gioie? e perciò che io non gli diedi orecchio nè volsi contentarlo, mi cominciò