sori, ma solamente un robino, il quale dice esser nelle tue mani. Io avrei creduto che per l’amor che mi porti, non che un robino, ma del proprio sangue mi avesti dato. Onde per l’amor che io ti porto e per le fatiche che ha portate tua madre per te, ti prego che non neghi la grazia che il medico addimanda. La figliuola, udita ed intesa la volontà paterna, ritornò in camera; e preso il robino con molte gioie, ritornò al padre, e ad una ad una le addimostrò al medico: il qual, subito che vidde quella che tanto desiderava, disse: Eccola! — e volse gettarli la mano adosso. Ma Violante, avedutasi dell’atto, disse: Maestro, state indietro, perciò che voi l’avrete. E tolto il robino con sdegno in mano, disse: Già che questo è il caro e gentil robino che voi cercate, per la cui perdita in tutto il tempo della vita mia rimarrò scontenta, io non vi lo do di mio volere, ma astretta dal padre; — e così dicendo, trasse il bel robino nel muro: il quale, giunto in terra, subito s’aprì, e un bellissimo pomo granato divenne, il quale aperto sparse le sue granella da per tutto. Il medico, vedute che ebbe del pomo le granella sparse, si trasformò in un gallo: e credendo col suo becco Dionigi di vita privare, rimase del tutto ingannato; perciò che un grano in tal modo si nascose, che dal gallo mai non fu veduto. Lo nascosto grano, aspettata l’opportunità, in un’astuta e sagace volpe si converse; ed accostatosi con fretta al crestuto gallo, quello per lo collo prese, uccise ed in presenza del Re e della figliuola il divorò. Il che vedendo, il Re stupefatto rimase: e Dionigi, ritornato nella propria forma, narrò al Re il tutto, e di consentimento suo prese Violante per sua legittima moglie: con la quale visse lungo tempo in tranquilla e gloriosa pace; e di Dionigi il