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a letto appresso a voi, levatela di dosso, che poi mi arrete pronta ad ogni vostro piacere. Tiberio, inteso il suo volere, e parendoli cosa leggiera, subito si trasse la camiscia; e rimase nudo come nacque. Savia, vedendo aver condotto il buon padre dove ella voleva, prese la camiscia con tutte le vestimenta sue, e posele in una cassa, e quella chiuse; dopo finse di volersi spogliare, lavare e profumare: e pur faceva alcuni suoi servigi per casa, di modo che il meschinello e semplice nel letto solo si consumava. Maestro Chechino, che per lo pertuggio aveva veduto il tutto, chetamente uscì di casa, e picchiò all’uscio. La donna, sentito il picchiare del marito, finse di smarrirsi; e tutta tremante disse: Ohimè, messere, chi è colui che picchia all’uscio? Certo egli è il mio marito. O dolente me, come faremo che quivi non vi trovi o che non siate da lui veduto? Disse maestro Tiberio: Tosto datemi e miei panni, che io mi vestirò, e asconderommi sotto il letto. — No, disse la donna; non cercate altrimenti e panni, che troppo tardereste; ma salite l’armaio, che è dal canto destro della camera, che io vi aiuterò ascendere: ed ivi distendetevi colle braccia aperte; perciò che il marito venendo in camera e vedendovi star in croce, penserà che voi siate un crocefisso di quelli che egli il giorno lavora, e non penserà più oltre. E pur il marito, l’uscio fortemente pichiava. Maestro Tiberio, non penetrando più oltre, nè considerando all’inganno del marito, ascese l’armaio: ed in guisa di croce con le braccia aperte si distese: nè punto si moveva. Savia, andatasene giù, aperse la porta al marito; il qual mostravasi adirato, perchè la moglie non l’aveva così tosto aperto: e giunto in camera e fingendo di non veder maestro Tiberio, si pose con la moglie a cena; e, cenato che ebbero, se