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Finita che ebbe Arianna la sua favola, tutti ad una voce dissero, la virtù e la costanza del vergognato Dimitrio essere stata grandissima: massimamente avendo innanzi gli occhi il prete, d’ogni suo vituperio cagione. Ma minore non fu la paura del prete; il quale, essendo in camiscia e scalzo, e vedendosi il marito e i fratelli addosso, non altrimenti che foglia conquassata dal vento tremava. La Signora, udendo i molti e vari ragionamenti che si facevano, impose silenzio, e comandò ad Arianna che il suo enimma proponesse. La quale con chiaro viso e maniere accorte così disse:

Stavano ad una mensa di presente
     Uniti insieme tre buon compagnoni.
Mai fu veduta la più bella gente;
     E van cercando sempre i buon bocconi.
Giunge con un piatel un lor servente,
     E sovra il desco pone tre pizzoni:
Ciascun allegramente mangiò il suo,
     E sovra il desco ne restaro duo.

Questo enimma parve assai difficile alla brigata, e quasi impossibile tutti lo giudicarono, non potendosi persuadere che, essendo i tre pizzoni mangiati, duo ne rimanessero intieri sopra il desco. Ma non consideravano che l’angue era sotto l’erba nascosto. Vedendo adunque Arianna il suo enimma non esser inteso e consequentemente irresolubile rimanere, voltatasi col vago e delicato viso verso la Signora, disse: Avenga, madonna mia, che lo enimma, per me proposto, a tutti paia dover esser irresolubile, non però è sì oscuro, che non si possa con agevolezza risolvere. La risoluzione adunque è questa: Erano tre campioni, de’ quai uno per nome Ciascuno si chiamava. Ed essendo tutta tre ad una mensa, e avendo empiuto il ventre a guisa di animali