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all’onore della corona aspettavano. Il Re, abbracciatala, la fece in piè levare, e, presala per mano, licenziò la brigata e con lei sola si pose a sedere. La balia, ben instrutta delle cose occorse, riverentemente disse: Sappi, sacra corona, che Doralice, tua moglie e mia figliuola: non che io l’abbia portata in questo misero ventre, ma per averla lattata e nodrita con queste poppe: è innocentissima del peccato, per lo quale fu da te a cruda morte miseramente dannata. E quando minutamente inteso averai e tocco con mani, chi fu l’empio omicida, e la cagione per cui egli si mosse ad uccidere i tuoi figliuoli, rendomi certa che tu, mosso a pietà, subito da sì lunghi ed acerbi tormenti la libererai. E se in ciò sarò bugiarda, mi offero di sofferire quella istessa pena che ora la misera Reina patisce. E, cominciando da capo, fino alla fine li raccontò a punto a punto tutto quello che era avenuto. Il Re, intesa intieramente la cosa, diede fede alle parole sue, ed immantinente fece la Reina, che era più morta che viva, della sepultura trarre; e, fattala con diligenza medicare e ottimamente ricoverare, in breve tempo si riebbe. Il Re dopo fece uno apparecchiamento grande per tutto il suo regno, e raunò un potentissimo essercito e lo mandò a Salerno, dove non stette molto tempo che fe’ della città conquisto; e Tebaldo, con torte funi i piedi e le mani strettamente legate, in Inghilterra fu prigione condotto. E volendo il Re aver maggior certezza del già commesso fallo, severamente contra lui processe; e, messolo al martorio, diedegli delle buone. Ma egli, senza essere più collato, il tutto ordinatamente confessò; e il giorno sequente con quattro cavalli sopra un carro per tutta la città menato e con tenaglie affocate attanagliato, come Gano di Maganza, lo fece squartare, dando le sue carni a’ rabbiosi cani. E così il tristo e scelerato Tebaldo miseramente finì la vita