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si faceva; e, pensando a’ passati pericoli, cominciò di qualche buona sorte sperare. E tantosto che il Re era della sua camera partito ed alla caccia andato secondo il costume suo, la giovanetta usciva dell’armaio, e con grandissimo magistero apparecchiava la camera, scopandola, distendendo il letto, acconciando i capoletti e ponendoli sopra una coltre lavorata a certi compassi di perle grossissime con duo guanzali ornati a maraviglia. Appresso questo, la bella giovane pose sopra il vago letto rose, viole ed altri odoriferi fiori, mescolati insieme con uccelletti cipriani ed altri odori che piacevolmente olivano ed al cerebro molto erano confortativi. La giovane più e più volte, senza che mai da alcuno fusse veduta, questo ordine tenne. Il che a Genese Re era di sommo contento; perciò che, quando egli veniva dalla caccia ed entrava nella camera, li pareva esser tra tutte le speziane che mai nacquero in Oriente. Volse un dì il Re dalla madre e dalle damigelle intendere, chi era colei sì gentilesca e di sì alto animo, che sì ornata ed odorifìcamente gli apparecchiava la camera. A cui risposo fu che non sapevano cosa alcuna; perciò che, quando ad acconciare il letto andavano, tutto di rose e di viole coperto e di soavi odori profomicato lo trovavano. Il che il Re intendendo, deliberò al tutto di sapere onde procedeva la causa, e finse di andare una mattina per tempo ad uno castello, dalla città dieci miglia lontano, e chetamente nella camera si nascose, mirando fisso per una fissura e aspettando quello ch’avenir potesse. E non stette guari che Doralice più bella che ’l chiaro sole de l’armaio uscì fuori; e, messasi a scopare la camera, a drizzare li tappeti e ad apparecchiare il letto, ogni cosa, sì come ella era solita di fare, diligentemente acconciò. Avendo adunque la gentil poncella già piena-