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il prete: Oh pazzi, voi non sapete nulla. Se voi più sotto m’affocavate, con dieci volte artante pecore di sopra me ne veniva. Il che udendo i tre compagni dissero: O messere, volete voi farne questo beneficio? Voi ne porrete ne’ sacchi e ne gitterete nel fiume, e, di masnadieri, custodi di pecore diverremo. Disse il prete: Io son apparecchiato a fare tutto quello che vi aggrada, e non è cosa in questo mondo che volontieri non la facessi. E, trovati tre buoni sacconi di ferma e fissa canevazza, li puose dentro, e strettamente, che uscir non potessero, li legò, e nel fiume gli avventò; e così infelicemente se n’andorono le anime loro a i luoghi bugi dove sentono eterno dolore: e pre Scarpacifico, ricco e di danari e di pecore, ritornò a casa, e con la sua Nina ancora alquanti anni allegramente visse.
La favola, da Cateruzza raccontata, a tutta la compagnia molto piacque, e sommamente tutti la commendorono: ma vie più la sagacità e astuzia dell’ingenioso prete, il quale, per aver donato un muletto, acquistò molti danari e pecore, e, vendicata l’ingiuria de’ suoi nemici, lieto con la sua Nina rimase. Ed acciò che non si sconciasse l’incominciato ordine, in questa guisa il suo enimma propose:
Stava ad un desco un fabro e la mogliera
Con un sol pane intiero e mezzo appena.
Con la sorella il prete in su la sera
Quattro si ritrovaro a quella cena.
Tre parti fer del pane, e più non v’era;
E tutti quattro con faccia serena,
Godendo la lor parte, fur contenti.
Non so tu, che m’ascolti, quel che senti.
Finito il sentenzioso enimma da Cateruzza raccontato e da tutti con somma ammirazione atteso, non