per i ladronezzi e per le altre giottonie infame e di perduta speranza, niente di meno egli aveva in sè una laudevole virtù, che essercitava il latrocinio non già per avarizia, ma per potere a tempo e luoco usare la liberalità e magnificenza verso coloro che gli erano benigni e favorevoli. E perciò che egli era affabile, piacevole e faceto, il pretore sì cordialmente lo amava, che non poteva star un giorno che seco non lo avesse. Perseverando adunque Cassandrino in questa parte biasmevole e parte laudevole vita, e considerando il pretore le giuste querele che di giorno in giorno contra lui erano porte, e per lo amor grande che li portava non potendolo punire, un giorno lo chiamò a sè; e, ridottolo in uno secreto camerino, lo cominciò caritativamente ammonire, essortandolo volesse lasciare cotesta malvagia vita ed accostarsi alla virtù, fuggendo i trabocchevoli pericoli, ne’ quai egli per li suoi pessimi portamenti incorreva. Cassandrino, che attentamente raccolte aveva le parole del pretore, rispose: Signor mio, io ho udite e chiaramente intese le amorevoli ammonizioni che voi per vostra urbanità fatte mi avete, e quelle conosco uscire dal vivo e chiaro fonte di quello amore che voi mi portate. Di che vi ringrazio assai. Ma ben mi doglio che certi insensati, invidiosi degli altrui beni, di continovo cercano seminar scandali e togliere con sue velenose parole l’altrui onore e fama. Meglio farebbono questi tali, che ciò vi dicono, tenere la velenifera lingua tra’ denti, che improperare altrui. Il preside, che di poca levatura aveva bisogno, diede piena fede alle parole di Cassandrino, nulla o poco delle querele contra lui date curandosi; perciò che lo amore, che ’l pretore li portava, avevali sì abbarbagliati gli occhi, che più oltre non vedeva. Avenne che, trovandosi un giorno Cassandrino col pre-