non generato, nè sottopormi alla testa d’un Signore che solo signoreggiasse. Io ora vedo gli suoi precetti esser molto dalla verità lontani; perciò che Postumio è mio figliuolo adottivo nè mai lo generai, ed egli è pur buono, savio, gentile, accostumato ed a me molto ubidiente. E chi mi potrebbe più dolcemente carezzare ed onorare di ciò che fa il Marchese? Egli è pur testa sola, nè ha superiore; nondimeno, tanto è l’amore che egli mi porta, e tanto mi onora, che basterebbe io li fussi superiore e che egli temesse me. Di che tanto mi maraviglio, che io non so che mi dire. Sono certamente alcuni vecchi insensati, i quali non ricordandosi di quello che hanno fatto nella loro gioventù vogliono dar leggi ed ordini ai loro figliuoli, imponendoli carichi che elli col dito non toccherebbeno. E ciò fanno non d’amore che li portino, ma mossi da una simplicità, acciò che lungamente stiano in qualche travaglio. Ora io di due delle gravezze impostemi da mio padre sono oltre la speranza riuscito a lieto fine, e presto voglio fare della terza larga isperienza; e tengo certo che la cara e dolce mia consorte mi confermerà molto più nel suo cordiale e ben fondato amore. Ed ella, che io amo più che la luce degli occhi miei, ampiamente scoprirà quanta e qual sia la simplicità, anzi pazzia, della misera vecchiaia, la quale allora molto più si gode, quando empie il suo testamento di biasmevoli condizioni. Conosco ben ora che ’l padre quando testava era di memoria privo e come vecchio insensato e fuori di sè faceva gli atti da fanciullo. In chi potrei io più sicuramente fidarmi che nella propia moglie? La quale, avendo abbandonato il padre, la madre, i fratelli, le sorelle e la propria casa, si è fatta meco una istessa anima ed uno istesso cuore. Laonde rendomi sicuro che io le posso aprire ogni mio secreto, quan-