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e gentile, fu da lui insieme con la figliuola nella propia casa con strette accoglienze onorevolmente ricevuto. E perchè la troppa e lunga dimoranza nell’altrui case il più delle volte genera rincrescimento, egli con maturo discorso indi partire si volse, ed altrove trovare propio alloggiamento. Laonde ascese un giorno con la figliuola una navicella, ed a Morano se n’andò. Ed adocchiatovi un palagio di maravigliosa bellezza che allora vuoto si trovava, in quello entrò; e considerato il dilettevole sito, la spaziosa corte, la superba loggia, l’ameno giardino pieno di ridenti fiori e copioso de vari frutti ed abbondevole di verdeggianti erbette, quello sommamente comendò. Ed asceso sopra le marmoree scale, vidde la magnifica sala, le morbide camere ed un verone sopra l’acqua, che tutto il luogo signoreggiava. La figliuola, del vago e piacevole sito invaghita, con dolci ed umane parole tanto il padre pregò, che egli a compiacimento di lei il palagio prese a pigione. Di che ella ne sentì grandissima allegrezza, perciò che mattino e sera se ne andava sopra il verone mirando li squamosi pesci che nelle chiare e maritime acque in frotta a più schiere nuotavano, e vedendogli guizzare or quinci or quindi sommo diletto n’apprendeva. E perchè ella era abbandonata da quelle damigelle che prima la corteggiavano, ne scelse dieci altre non men graziose che belle, le cui virtù e leggiadri gesti sarebbe lungo raccontare. De’ quai la prima fu Lodovica, i cui begli occhi, risplendenti come lucide stelle, a tutti, che la guardavano, ammirazione non picciola porgevano. L’altra fu Vicenza, di costumi lodevoli, bella di forma e di maniere accorta, il cui vago e delicato viso dava grandissimo refrigerio a chiunque la mirava. La terza fu Lionora, la quale, avenga che per la sua natural bellezza alquanto altera paresse, era però tanto graziosa