scaricare il soperchio peso del ventre; e smontato giù del cavallo, fece ciò che naturalmente gli bisognava. E non avendo con che nettarsi, chiamò un servente che gli desse alcuna cosa, con la quale si potesse mondare. Il servente, andatosene al lettamaro, e ricercando per dentro se poteva trovar cosa che al proposito fusse, trovò per aventura la poavola; e presala in mano, la portò al Re. Il quale senz’alcun sospetto tolse la poavola; e postasela dietro alle natiche per nettare messer lo perdoneme, trasse ’l maggior grido che mai si sentisse. Imperciocchè la poavola con i diti gli aveva presa una natica; e sì strettamente la teneva, che gridare ad alta voce lo faceva. Sentito da’ suoi il smisurato grido, subito tutti corsero al Re; e vedutolo che in terra come morto giaceva, tutti stupefatti restarono: e vedendolo tormentare dalla poavola, si posero unitamente per levargliela dalle natiche; ma si affaticavano in vano, e quanto più si sforzavano di rimovergliela, tanto ella gli dava maggior passione e tormento: nè fu mai veruno che pur crollare la potesse, non che indi ritrarla. Ed alle volte con le mani gli apprendeva i sonagli, e sì fatta stretta gli dava, che gli faceva veder quante stelle erano in cielo a mezzo il giorno. Ritornato l’affannato Re al suo palazzo con la poavola alle natiche taccata, e non trovando modo nè via di poterla rimovere, fece fare un bando: che s’alcuno, di qual condizione e grado essere si voglia, si trovasse, a cui bastasse l’animo la poavola dalle natiche spiccargli, che gli darebbe il terzo del suo regno; e se poncella fusse, qual si volesse, per sua cara e diletta moglie l’apprenderebbe: promettendo sopra la sua testa di osservare tanto quanto nel bando si conteneva. Intesosi adunque il bando, molti concorsero al palazzo con viva speranza di ottenere lo constituto premio.