alla poavola, ed in sottilissimi pannicelli la rivoglievano, e sovente se la voleva far caca le dimandavano. Ed ella rispondeva, che sì; e molti danari cacava. Avenne che una sua vicina, essendo andata in casa delle due sorelle, ed avendo veduta la loro casa in ordine di ciò che le faceva mestieri, molto si maravigliò; nè si poteva persuadere che sì tosto fussero venute sì ricche, essendo già state sì poverissime, e tanto più conoscendole di buona vita e sì oneste del corpo loro, che opposizione alcuna non pativano. Laonde la vicina, dimorando in tal pensiero, determinò di operare sì che la potesse intendere dove procedesse la causa di cotanta grandezza. E andatasene alla casa delle due sorelle, disse: Figliuole mie, come avete fatto voi a fornire sì pienamente la casa vostra, conciosiacosachè per lo adietro voi eravate sì poverelle? A cui Cassandra, che era la maggior sorella, rispose: Una libra di filo di stoppa con una poavola barattata abbiamo, la quale senza misura alcuna danari ci rende. Il che la vicina intendendo, nell’animo fieramente si turbò; e tanta invidia le crebbe, che di furargliela al tutto determinò. E ritornata a casa, raccontò al marito come le due sorelle avevano una poavola, che dì e notte le dava molto oro ed argento, e che al tutto di involargliela determinato aveva. E quantunque il marito si facesse beffe delle parole della moglie, pure ella seppe tanto dire, ch’egli le credette. Ma dissele: E come farai tu a involargliela? A cui la moglie rispose: Tu fingerai una sera d’esser ebbriaco e prenderai la tua spada, e correrammi dietro per uccidermi percotendo la spada nelle mura: ed io, fingendo d’aver di ciò paura, fuggirò su la strada: ed elle, che sono compassionevoli molto, mi apriranno: ed io chiuderommi dentro la loro casa, e resterò presso loro quella notte, ed io opererò quanto che io potrò. Venuta adunque la