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de’ soavi flauti con lento passo si diedero tutti al carolare; e poscia ch’ebbero con festevoli ed amorosi ragionamenti carolato alquanto, tre delle damigelle, presa prima buona licenza dalla Signora, la presente canzone soavemente cantorono.
Quando amor, donna, ad ora ad ora muove
Vostro leggiadro e nobile sembiante,
E quelle luci sante
Ne’ quai mia vita e la mia morte prendo,
Da quelle viste mansuete e nuove
Giungemi al cuor un sì vago pensiero,
Ch’or mansueto or fiero
Con la speranza e van desir contendo,
E così dolcemente all’or m’incendo
D’una speme sì ferma e sì sicura,
Che più null’altra cura
Mi può dall’uso mio far cangiar stato.
Onde ringrazio il dì, natura e il cielo,
Che per mio divin fato
Fui preso e impiuto d’un sì dolce zelo.
Dapoi che le tre donzelle posero fine all’amorosa canzone che per sospiri da presso l’aere rompea, la Signora fece cenno ad Eritrea, a cui per sorte aveva toccato il primo luogo della presente notte, che a favoleggiare desse incominciamento. La quale, vedendo di non potersi iscusare, per non turbare il già principiato ordine, messa da canto ogni perturbazione d’animo, così a dire incominciò.