mita, in orazioni, in digiuni, in contemplazioni. — E per far che? disse Flamminio. — Oh, perchè? figliuolo mio, per servir a Dio e macerar questa misera carne, disse l’eremita, e far penitenza di tante offese fatte all’eterno e immortal Iddio ed al vero figliuolo di Maria: e finalmente per salvar quest’anima peccatrice, acciò che, quando verrà il tempo della morte mia, io glie la renda monda d’ogni difetto, e nel tremendo giorno del giudizio, per grazia del mio redentore, non per meriti miei, mi faccia degno della felice e trionfante patria, ed ivi goda i beni di vita eterna: alla quale Iddio tutti ci conduchi. — O dolce padre mio, ditemi un poco, disse Flamminio, se non v’è a noia: che cosa è questa morte, e come è fatta ella? A cui lo santo padre: figliuol mio, non ti curar di saperlo; perciò che ella è una terribile e paventosa cosa, e s’addimanda da’ sapienti ultimo termine de’ dolori, tristezza dei felici, desiderio dei miseri, e fine estremo delle cose mondane. Ella divide l’amico dall’amico, separa il padre dal figliuolo ed il figliuolo dal padre; spartisce la madre dalla figliuola e la figliuola dalla madre, scioglie il vincolo matrimoniale, ed a fine disgiunge l’anima dal corpo; e il corpo sciolto dall’anima non può più operare, ma viene sì putrido e sì puzzolente, che tutti l’abbandonano e come cosa abbominevole il fuggono. — Avetela mai veduta voi, padre? disse Flamminio. — Ma di no, rispose lo eremita. — Ma come potrò io fare di vederla? disse Flamminio. — Ma se voi desiderate, figliuolo mio, disse lo eremita, di trovarla, andatevene più oltre, che voi la trovarete; perciò che l’uomo, quanto più in questo mondo cammina, tanto più s’avicina a lei. Il giovane, ringraziato ch’ebbe il santo padre, e tolta la sua benedi-