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disse: Acquirino; l’altro disse: Mi chiamo Fluvio. — Ed io, disse la sorella, mi addimando Serena. Disse allora il re: Per cortesia tutta tre a desinare con esso noi dimane vi invitiamo. I giovani, alquanto arrossiti, non potendo denegare l’onestissima dimanda, accettorono lo invito. Il re, ritornato al palagio, disse alla madre: Madama, oggi andando a diporto, vidi per aventura duo leggiadri giovanetti ed una vaga puncella: e tutta tre avevano una dorata stella nella fronte, che, se io non erro, paiono quelli che dalla reina Chiaretta mi furono già promessi. Il che udendo, la sceleste vecchia se ne sorrise alquanto; ma pur le fu una coltellata che le trapassò il cuore. E fattasi chiamare la comare che i fanciulli allevati aveva, secretamente le disse: Non sapete voi, comare mia cara, che i figliuoli del re viveno, e son più belli che mai? A cui rispose la comare: Com’è possibil questo? Non si affocorono nel fiume? E come lo sapete voi? A cui rispose la vecchia: Per quanto che io posso comprendere per le parole del re, i vivono, e del vostro aiuto ci è di bisogno molto; altrimenti, tutte stiamo in pericolo di morte. Rispose la comare: Non dubitate punto, madama; che io spero di operar sì, che tutta tre periranno. E partitasi la comare, subito se n’andò alla casa di Acquirino, Fluvio e Serena; e trovata Serena sola, la salutò, e fece seco molti ragionamenti; e dopo che ebbe lungamente ragionato con esso lei, disse: Avresti per aventura, figliuola mia, dell’acqua che balla? A cui rispose Serena, che no. — Deh! figliuola mia, disse la comare, quante belle cose vedresti, se tu ne avesti; perciò che bagnandoti il viso, diventeresti assai più bella di ciò che sei. Disse la fanciulla: E come potrei io fare per averne? Rispose la comare: Manda i tuoi fratelli a ricercarla,