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sto si dice, l’uomo esser animal perfetto e di maggior perfezione che ogni altro animale, perchè tutti, non eccettovando anche la femina, sono sottoposti all’uomo. Di qua procede che malagevolmente fanno coloro che con astuzia ed arte procurano la morte di sì degno animale. E non è maraviglia se questi tali, mentre che si sforzano di dare ad altrui la morte, in quella disavedutamente incorreno; sì come fecero quattro donne, le quali, credendosi altrui uccellare, al fine uccellate rimasero, e miseramente finirono la vita loro: sì come per la presente favola, che ora raccontare intendo, agevolmente comprenderete.
In Provino, città assai famosa e regale, si trovorono ne’ passati tempi tre sorelle, vaghe d’aspetto, gentili di costumi e di maniere accorte, ma basse di legnaggio; perciò che erano figliuole d’uno maestro Rigo fornaio, che di continovo nel forno l’altrui pane coceva. L’una delle quali Brunora, l’altra Lionella, e la terza Chiaretta si chiamava. Essendo un giorno tutta tre queste giovanette nel giardino, di cui a maraviglia si dilettavano, passò per quindi Ancilotto re, che per suo diporto con molta compagnia se n’andava alla caccia. Brunora, che era la maggior sorella, vedendo sì bella ed orrevole compagnia, disse alle sorelle Lionella e Chiaretta: Se io avessi il maestro di casa del re per mio marito, mi do sto vanto, che io con un bicchiere di vino saziarei tutta la sua corte. — Ed io, disse Lionella, mi do sta lode, che se io avessi il secretissimo cameriere del re per marito, farei tanta tela con un fuso del mio filo, che di bellissime e sottilissime camiscie fornirei tutta la sua corte. — Ed io, disse Chiaretta, mi lodo di questo, che se io avessi il re per mio marito, gli farei tre figliuoli in un medesimo parto, duo maschi ed una femina; e ciascuno di