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letto una mattina con la moglie più del solito a giacere, se li rappresentorono nel pariete innanzi a gli occhi certi sputi che erano assai alti e lontani molto da lui. Onde acceso dalla gran gelosia che egli aveva, molto si maravigliò, e tra sè stesso cominciò sottilmente considerare se gli sputi erano suoi overo di altrui; e poi che egli ebbe ben pensato e ripensato, non vi puote mai cadere nell’animo ch’egli fatti li avesse. Laonde temendo forte di quello che gli era avenuto, si voltò contra la moglie, e con turbata faccia le disse: Di chi sono quei sputi sì alti? Quelli non sono sputi di me; io mai non li sputai; certo che tradito mi hai. Filenia allora, sorridendo di ciò, li rispose: Avete voi altro che pensare? Messer Erminione, vedendola ridere, molto più se infiammò; e disse: Tu ridi, ah? rea femina che tu se’; e di che ti ridi? — Io mi rido, rispose Filenia, della vostra sciocchezza. Ed egli pur tra se stesso si rodeva; e volendo isperimentare se tanto alto poteva sputare, ora tossendo ed ora raccagnando, si afforzava col sputo di aggiungere al segno; ma in vano si affaticava, perciò che lo sputo tornava indietro, e sopra il viso li cadeva, e tutto lo impiastracciava. Avendo questo il povero vecchio più volte isperimentato, sempre a peggior condizione si ritrovava. Il che vedendo, conchiuse per certo dalla moglie esser stato gabbato; e voltatosi a lei, le disse la maggior villania che mai a rea femina si dicesse. E se non fusse stato il timore di se stesso, in quel punto con le propie mani uccisa l’arrebbe; ma pur si astenne, volendo più tosto procedere per via della giustizia, che bruttare le mani nel suo sangue. Onde non contento di questo, ma di sdegno e d’ira pieno, al palaggio se n’andò; ed ivi produsse innanzi al podestà contra la moglie una accu-