datosene in Candia, ivi per un spazio di tempo dimorò, e ritornato ad Atene, trovò Filenia che maritata era. Di che egli fu oltre misura dolente; e tanto più si doleva, quanto che si vedeva privo di poterla a suo bel grado vedere: nè poteva sofferire che sì bella e vaga giovanetta fusse congiunta in matrimonio con sì bavoso ed isdentato vecchio. Non potendo adunque l’innamorato Ippolito più pazientemente tollerare gli ardenti stimoli ed acuti strali d’amore, se ingegnò di trovare qualche secreto modo e via, per la quale egli potesse adempire i suoi desiri. Ed essendogliene molti alle mani venuti, ne scelse prudentissimamente uno che più giovevole li pareva. Imperciò che, andatosene alla bottega di uno legnaiuolo suo vicino, gli ordinò due casse assai lunghe, larghe ed erte, e d’una medesima misura e qualità, sì che l’una da l’altra agevolmente non si poteva conoscere. Dopo se ne gì da messer Erminione; ed infingendosi avere bisogno di lui, con molta astuzia li disse queste parole: Messer Erminione mio, non meno di padre da me amato e riverito sempre, se non mi fusse noto l’amore che voi mi portate, io non mi ardirei con tanta baldanza richiedervi servigio alcuno; ma perciò che hovvi trovato sempre amorevole verso me, non dubitai punto di non poter ottener da voi ciò che l’animo mio brama e desidera. Mi occorre di andare fino nella città di Frenna per alcuni miei negozii importantissimi, dove starò fin a tanto che saranno ispediti. E perchè in casa non ho persona di cui fidare mi possa, per essere alle mani di servitori e fantesche, de’ quali non mi assicuro molto, io vorrei, tuttavia se vi è a piacere, deporre appresso voi una mia arca piena delle più care cose che io mi trovi avere. Messer Erminione, non avedendosi della malizia del scolare, li rispose