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che vedendo, Fiordiana arditamente disse: Signori, vi affaticate indarno; perciò che il mio enimma altro non significa se non l’infinita ed equale giustizia; la quale, come spirito gentile, doma e raffrena i fieri e famelici leoni, cioè gli indomiti e superbi uomini, e sopra di loro ferma e stabilisce la sua sede: tenendo nella destra mano la tagliente spada, ed accompagnata da quattro virtù, cioè dalla prudenza, dalla carità, dalla fortezza e dalla fede; è soave, e dolce a’ buoni, e acerba ed amara a’ tristi. Terminata che fu la vera interpretazione dello enimma a tutti sommamente aggradita, la Signora impose alla graziosa Vicenza che una favola secondo l’ordine dicesse. Ed ella, di ubidire desiderosa, così disse.


FAVOLA II.


Erminione Glaucio ateniense prende Filenia Centurione per moglie; e divenuto di lei geloso, l’accusa in giudicio: e per mezzo d’Ippolito suo innamorato vien liberata, ed Erminione condannato.


Non sarebbe, graziose donne, al mondo stato il più dolce, il più dilettevole, nè ’l più felice, che trovarsi in servitù d’amore, se non fusse l’amaro frutto della subita gelosia, fugatrice de gli assalti di Cupidine, insidiatrice dell’amorose donne, diligentissima investigatrice della loro morte. Laonde mi si para davanti una favola che vi doverà molto piacere; perciò che per quella poterete agevolmente comprendere il duro ed infelice fine che fece un gentiluomo ateniense; il quale con la sua fredda gelosia credette la