questo, dimmi, di grazia, disse Costanzo: quando aggiungemmo al palazzo, per che più fortemente ridesti? — Deh, non mi astringer più a ragionare ora, ti prego, disse Chiappino; ma va, e ritorna dimani, che io ti risponderò, e dirotti cose che tu forse non pensi. Il che udendo, Costanzo disse al re: Partiansi, che dimane faremo ritorno, ed intenderemo ciò che egli voglia dire. Partitisi adunque, il re e Costanzo ordinarono che fusse dato a Chiappino ben da mangiare e da bere, acciò che meglio potesse ciarlare. Venuto il giorno sequente, ambe duo ritornorono a Chiappino, ed il trovorono che come un grasso porco soffiava e roncheggiava. Accostatosi Costanzo appresso a lui, più volte ad alta voce lo chiamò. Ma Chiappino, che era ben pasciuto, dormiva, e nulla rispondeva. Costanzo, perlungato un dardo che in mano teneva, tanto lo punse, che egli si risentì; e destato che egli fu, l’addimandò: Orsù, dì, Chiappino, quello che heri ne promettesti. Perchè, giunti che noi fummo al palazzo, sì forte ridesti? A cui rispose Chiappino: Tu lo sai molto meglio che io; perciò che tutti gridavano: Costanzo! Costanzo! e nondimeno sei Costanza. Il che il re in quel punto non intese quello che Chiappino volesse inferire. Ma Costanzo, che al tutto aveva compreso, acciò che Chiappino più oltre non procedesse, gli troncò la strada, dicendo: Ma quando innanzi al re ed alla reina fosti, che causa ti mosse a dover oltre misura ridere? A cui rispose Chiappino: Io fieramente me ne ridei, perchè il re ed ancor tu credete che le damigelle, che alla reina serveno, siano damigelle: e nondimeno la maggior parte loro damigelli sono; e poi si tacque. Il re, questo intendendo, stette alquanto sopra di sè, nulla però dicendo; e partitosi dal silvestre Satiro, con il suo Costanzo del tutto