tente e sì forte, che gli basta l’animo senza l’altrui aiuto prendere un Satiro ed a voi appresentarlo vivo? Il che, essendo così sì come io intendo, voi poterete agevolmente isperimentare, e ad un’ora adempire il voler vostro: ed egli, come potente e forte cavaliere, conseguire un trionfo che gli sarà di perpetua fama. Piacquero molto le parole dell’astuta reina al re: il quale subito fece chiamare Costanzo, e tai parole li disse: Costanzo, se tu mi ami, sì come tu dimostri e ciascuno il crede, intieramente adempirai i miei desiri, e tu la vera gloria ne porterai. Tu dèi sapere che non è cosa in questo mondo ch’io più brami e desideri, che avere uno Satiro in mia balìa. Onde, essendo tu potente e gagliardo, non è uomo in questo regno che meglio mi possa contentare che tu. Però, amandomi come mi ami, non mi negherai questa dimanda. Il giovane, che conosceva la cosa altrove procedere che dal re, non volse contristarlo; ma con piacevole e lieto viso disse: Signor mio, questo ed altro mi potete comandare. E quantunque le forze mie siano deboli, non però resterò di sodisfare al desiderio vostro, ancora che nella morte io dovessi incappare. Ma prima che io mi ponga alla pericolosa impresa, voi, signor mio, ordinarete che al bosco, dove abitano i Satiri, sia condotto uno vaso grande con la bocca larga, e che non sia minor di quello in cui le serventi con il liscio nettano le camiscie ed altri panni di lino. Appresso questo vi si porterà una botte non picciola di buona vernaccia, della migliore e della più potente che si possi trovare, con doi sacconi di bianchissimo pane. Il Re incontamente essequì tutto quello che Costanzo aveva divisato. Ed andatosene Costanzo al bosco, prese uno secchio di rame, ed incominciò attingere fuori della