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esso lei, ed il successo della morte del toro. Emilliano, questo intendendo, tutto stupefatto rimase. Onde, per aver Travaglino detta la verità, fu tenuto uomo veritiero e di buona estimazione, ed Emilliano restò vittorioso del podere, e Lucaferro cornuto; e la ribalda Isotta, che credeva altrui gabbare, gabbata e vergognata rimase.

Finita la essemplare favola, ciascuno dell’onesta compagnia sommamente biasmorono la sfrenata Isotta, e molto grandemente commendorono Travaglino: ridendo tuttavia della sciocca ed inonesta femina, che così vilmente si aveva sottomessa ad uno vaccaro: ma ci fu cagione la sua innata e pestilenziosa avarizia. E perchè ad Eritrea mancava lo suo enimma proponere, la Signora, riguardandola nel viso, sembiante le fece che l’ordine già incominciato non pretermettesse. Ma ella, senza far alcuna indugia, disse.

Un capo veggio star per mezzo il cullo,
     E star il cullo a suo bel agio in terra.
Una e’ ha forza più d’un forte mullo,
     Sta cheta, e ’l capo con le due l’afferra.
Duo che la guardan ne prendon trastullo;
     E ’l capo ogn’or più presso se gli serra.
Dieci, chi su chi giù poi la zamberla:
     È bella cosa certo da vederla.

Se della favola risero le donne, non minor trastullo presero dello enimma. E non essendo veruno che interpretare lo sapesse, disse Eritrea: Il mio enimma altro non significa, signori miei, se non colui che dietro ad una vacca giace, e quella munge. Imperciò che egli mungendola tiene il suo capo appresso il