giorno mi uscì della mandra, e combattendo con gli altri tori fu da quelli si sconciamente trattato, che ne morì. — Ma dove è il capo e la pelle? Ed egli non sapeva più che rispondere. Questo avendo fatto più volte, Travaglino non sapeva trovar iscusazione che convenevole fusse. Isotta, che già era ritornata a casa, disse al marito: Come farà Travaglino se egli si vorrà iscusare con Emilliano, suo patrone, della morte del toro dalle corna d’oro che tanto gli aggradiva, che non li pianti qualche menzogna? Vedete la testa che meco ho recata in testimonianza contra lui quando dicesse la bugia. Ma non li raccontò come gli aveva fatte due corna maggiori di quelle d’uno gran cervo. Lucaferro, veduta la testa del toro, molto si rallegrò pensando della questione essere vincitore; ma il contrario, come di sotto intenderete, gli avenne. Travaglino, avendo fatte più proposte e risposte con l’uomo di legno, non altrimenti che se stato fusse il propio patrone con cui parlasse, e non vedendo niuna di loro riuscire secondo il desiderio suo, determinò senza altro pensamento di andare al patrone, intravenga ciò che si voglia. E partitosi e andatosene a Bergomo, trovò il patrone, e quello allegramente salutò. A cui reso il saluto disse: E che è dell’anima tua, Travaglino, che già sono passati tanti giorni che non sei stato qui, nè si ha avuto novella alcuna di te? Rispose Travaglino: Signore, le molte occupazioni mi hanno intertenuto. — E come sta il toro dalle corna dorate? disse Emilliano. Allora Travaglino, tutto confuso e venuto nel viso come bragia di fuoco, voleva quasi iscusarsi ed occultare la verità. Ma perchè temeva di mancare dell’onor suo, prese ardimento, e cominciò la istoria de Isotta; e li raccontò a punto per punto tutto quello che egli aveva fatto con