morò, che in stroppa tenere non si poteva. E quantunque Travaglino se n’avedesse del lascivo amore della donna, non però osava dirle cosa alcuna, temendo sempre di non perturbarla ed offenderla. Ma la già infiammata donna, accortasi della pocagine di Travaglino, dissegli: Travaglino, qual è la causa che così pensoso ti stai e non ardisci meco parlare? Ti sarebbe per aventura venuto alcuno desiderio di me? Guata bene e non tener il tuo volere nascosto; per ciò che te stesso offenderesti e non me, che sono a’ tuoi piaceri e comandi. Il che udendo, Travaglino molto si rallegrava; e faceva sembiante di volerle assai bene. La sciocca donna, vedendolo già del suo amore acceso, e parendole già esser tempo di venire a quello ch’ella desiderava, in tal maniera gli disse: Travaglino mio, io vorrei da te uno gran piacere; e quando me lo negasti, direi ben certo che poco conto facesti dell’amor mio, e forse saresti cagione della roina, anzi della morte mia. A cui rispose Travaglino: Io sono disposto, signora, di ponere per amor vostro la propia vita, non che la robba; ed avenga che voi cosa dificile comandaste, non di meno l’amore che io vi porto e voi verso me dimostrate, facillima la farebbe. Allora Isotta, preso maggior ardire, disse a Travaglino: Se tu mi ami, come io credo e parmi di vedere, ora lo conoscerò. — Comandate pur, signora mia, rispose Travaglino, che apertamente lo vederete. — Altro da te non voglio, disse Isotta, se non il capo del toro dalle corna d’oro; e tu disponi poi di me come ti piace. Questo udendo, Travaglino tutto stupefatto rimase; ma vinto dal carnale amore e dalle lusinghe della impudica donna, rispose: Altro non volete da me, signora mia? non che il capo, ma il busto e me stesso pongo nelle mani vostre. E questo