milliano: Tu lodi tanto cotesto tuo vaccaro di sofficienza, di lealtà e di verità; ed io ti dico che egli è il più insofficiente, il più sleale ed il più bugiardo uomo che mai creasse la natura; e mi offero di fartelo vedere ed udire, che in tua presenza egli ti dirà la bugia. E fatte molte parole tra loro, finalmente posero pegno i loro poderi: concordi in questo modo, che se Travaglino dirà la bugia, il podere di Emilliano sia di Lucaferro; ma se non sarà trovato in bugia, il podere di Lucaferro di Emilliano sia. E di questo, chiamato uno notaio, fecero uno stromento publico con tutte quelle solennità che in tal materia si richieggono. Partitosi l’uno dall’altro, e già passata la loro ira e sdegno, Lucaferro cominciò pentirsi del pegno che egli aveva messo e dello stromento per man di notaio pregato; e di tal cosa tra se stesso si ramaricava molto, dubitando forte di non restare senza podere, col quale e sè e la famiglia sua sostentava. Or essendo a casa Lucaferro, e vedendo la moglie, che Isotta si chiamava, sì malinconioso stare, e non sapendo la cagione, dissegli: marito mio, che avete voi, che così mesto e malinconioso vi veggio? A cui rispose Lucaferro: Taci per tua fe’, e non mi dar maggior noia di quello che io ho. Ma Isotta, desiderosa di saperlo, tanto seppe fare e dire, che dal marito il tutto intese. Laonde voltatasi col viso allegro verso lui disse: È adunque cotesto il pensiero per cui tanto affanno e tanto ramaricamento vi ponete? State di buon animo, che a me basta il cuore di far sì che non che una, ma mille bugie fiano da Travaglino al suo patrone dette. Il che intendendo, Lucaferro assai contento rimase. E perchè Isotta chiaramente sapeva che l’ toro dalle corna d’oro ad Emilliano suo cognato era molto caro, ella sopra di