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per la quale un racconto scurrile e spregiudicato diventa a dirittura un esempio morale ed edificante. Ricordiamo nelle prime edizioni delle Piacevoli Notti vi si narra di tre suore che si contendono la dignità di badessa a prova di sudicerie. Nelle edizioni castigate la trama della novella si mantiene immutata; ma la gara delle tre suore cambia natura, così che consiste in saggi di pietà e di sapienza. Dopo sì mirabile effetto, reca stupore che le zelanti forbici non si siano parimenti mosse ad emendare la nov. VII, 1 di alcune espressioni così audaci come questa: «Isabella... vedendo che nè per digiuni nè per orazioni nè per elemosine nè per altri beni da lei fatti, esaudita non era, determinò cangiar maniera e prender contrario partito; e sì come ella per l’adietro era stata devota e fervente nelle orationi, così ora tutta si diede alle incantagioni e fatture, sperando le cose riuscirle in meglio». Si esercitarono invece nella nov. 3 della stessa notte VII: e precisamente sulla fine del racconto, ove era narrato che il buffone Cimarosto, prossimo a morte, rivolto al sacerdote che gli prodigava l’estrema unzione, desse in questa esclamazione: «Deh, messere, non mi ungete più! non vedete voi come presto vado e leggermente corro?». Il motto, degno della leggenda aretinesca, fu corretto così: «Deh, messer, di grazia ditemi! non vedete voi come presto vado e leggermente corro?». La notte VIII andò immune da ogni ritocco: sintende che la nov. 3, già sfrattata dalle edizioni anteriori, continuò a re-