Pagina:Straparola - Le piacevoli notti I.djvu/155


— 123 —

Mi vergogno di dir qual nome m’abbia:
     Sì son aspra al toccar, rozza al vedere:
Gran bocca ho senza denti, ho rosse labbia,
     Negra d’intorno e più presso al sedere.
L’ardor spesso mi mette entro tal rabbia,
     Che fammi gettar spuma a più potere.
Certo son cosa sol da vil fantesca,
     Ch’ogn’un a suo piacer dentro mi pesca.

Non si potevano gli uomini dalle risa astenere, quando videro le donne ponersi il capo in grembo e sorridere alquanto. Ma la Signora, a cui l’onestà molto più che la disonestà aggradiva, guatò con rigido e turbato viso Vicenza, e dissele: Se io non avesse rispetto a questi gentiluomini, io ti farei conoscere quello che importa il sozzo e disonesto dire; ma per questa fiata ti sia perdonato: e fa che ne l’avenire tal cosa, o simil, più non t’intervenga, perchè sentiresti ciò che vale e puote la mia Signoria. Vicenza, tutta arrossita come mattutina rosa, e vedendosi sí sconciamente improperare, prese alquanto d’ardimento, ed in tal guisa rispose: Signora mia, s’io avesse detto parola alcuna che offendesse le orecchie vostre e di queste onestissime madonne, io veramente sarei degna non pur di riprensione, ma di aspro castigo. Ma per che le parole mie sono state semplici e pure, non meritano questa acra riprensione. E che questo sia il vero, la interpretazione dell’enimma, malamente da voi inteso e considerato, dimostrerà la innocenza mia. Lo enimma adunque altro non significa eccetto che la pentola che d’ogni intorno è nera, e dal fuoco fieramente riscaldata, bolle e gitta d’ogni parte la spuma. Ella ha la bocca grande, ed è senza denti; e tutto ciò che dentro se gli pone, abbrac-