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voi vedete, sono ispiritato, e se vi basta l’animo di liberarmi dal maligno spirito che tuttavia mi cruccia e tormenta, vi prometto di farvi un dono, che sempre felice sarete. Messer Gasparino, che mai non aveva mossa parola di simil cosa, tutto stupefatto rimase, e negò sè mai aversi dà vanto di simil cosa. Il gentiluomo che poco discosto era, accostatosi a lui, disse: Non vi arricordate, maestro, quando voi diceste sì e sì? E messer Gasparino con intrepida ed aperta fronte il tutto negava. Stando adunque in questa contenzione ambeduo, e l’uno affermando e l’altro negando, disse il Duca: Ponete silenzio alle parole, ed a voi, maestro Gasparino, io do termine tre giorni di maturamente pensare ai casi vostri; e se voi da tal miseria mi scioglierete, io vi prometto darvi in dono il più bel castello che si trovi sotto il mio potere, ed oltre ciò voi potrete disporre di me come della persona propia. Ma se altrimenti farete, tenetevi certo che, oggi otto giorni, sarete tra due colonne del mio palazzo per la gola sospeso. Messer Gasparino, inteso il fiero voler del Duca, molto rimaricato rimase: e partito da lui, giorno e notte pensava come lo spirito trarre di dosso li potesse. E venuto il termine statuito, messer Gasparino al Duca ritornò, e fattolo stendere sopra uno tappeto in terra, cominciò il maligno spirito scongiurare che uscire di quel corpo dovesse e che più non lo tormentasse. Il Demonio, che indi quetamente si posava, nulla in quel punto li rispose, ma al Duca si fattamente gonfiò la gola, che quasi si sentì morire. Ripetendo all’ora mastro Gasparino il suo scongiuro, disse il Demonio: compare mio, voi avete il buon tempo. Io me ne sto bene ed agiato, e volete che quindi mi parti? Voi vi affaticate in vano; — e del compare assai se ne rideva.