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rito gravemente afflitto, tutto affannoso si stava; nè vi era in Melfi uomo veruno di sì buona e santa vita, che da dosso torre lo potesse. Avenne che messer Gasparino Boncio, compare dall’anello del Demonio, per alcuni delitti da lui commessi fu della città sbandito. Laonde, acciò che preso non fusse e per giustizia pienamente punito, indi si partì, ed a Melfi se n’andò. E perchè mistiero alcuno non sapeva nè che far altro fuor che giuocare e questo e quell’altro ingannare, diede fama per tutta la città di Melfi, come egli era uomo esperto ed aveduto ed atto molto ad ogni orrevole impresa; e nondimeno del tutto era inespertissimo. Or giuocando un giorno messer Gasparino con alcuni gentiluomini di Melfi, e avendoli con sue baratterie aggiunti, quelli molto si turborono: e se non fusse stato il timore della giustizia, agevolmente ucciso l’arrebbero. E non potendo l’uno di loro patire tal ingiuria, disse tra sè: Io ti punirò di sì fatta maniera, che, mentre tu viverai, sarai memore di me. E senza mettervi punto d’indugio, da i compagni si partì, ed al Duca se n’andò: e fattali la convenevole riverenza, disse: Eccellentissimo Duca e Signor mio, è in cotesta città un uomo, Gasparino per nome chiamato, il quale si va vantando saper trarre gli spiriti da dosso di chiunque persona: siano di qual qualità spiriti esser si voglino, o aerei o terrestri o di qualunque altra sorte. Onde sarebbe buono che vostra eccellenza ne fesse alcuna isperienza, acciò che da tal crucciamento ella rimanesse libera. Inteso che ebbe il Duca questo, incontanente mandò a chiamare messer Gasparino: il quale, intesa la domanda, al Duca se n’andò. Il Duca, guatatolo bene nel viso, disse: Maestro Gasparino, voi vi avete vantato di saper trarre gli spiriti da dosso; io, come