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al divino culto e alle orazioni, che nell’animo le temporali cose al tutto sprezzava. Carlo adunque infiammato di lascivo amore di giorno in giorno la sollecitava e il dì che egli non la vedeva, da doglia si sentiva morire. Più volte egli tentò con lusinghe, con doni e con ambasciate ridurla a’ suoi piaceri; ma egli nel vero s’affaticava indarno, perciò che, come giovane prudente e savia, ogni cosa rifiutava, e cotidianamente pregava Iddio che lo rimovesse da tai disonesti pensieri. Non potendo il giovane far più resistenza all’ardente amore, anzi bestial furore, e ramaricandosi di esser refutato da colei che più che la vita sua amava, propose nell’animo, intravenga che si voglia, di rapirla e contentare il suo concupiscibile appetito. Ma pur temea far tumulto, e che ’l popolo, che l’odiava molto, non lo uccidesse. Ma vinto dalla sfrenata voglia e divenuto come rabbioso cane, compose con duo suoi servi, uomini audacissimi, di volerla affatto rapire. Laonde un giorno, ne l’oscurar della sera, egli prese le sue armi, e con i duo serventi se n’andò alla casa della giovane; e, trovato l’uscio aperto, prima che entrasse dentro, comandò a gli servi facessero buona guardia, nè, per quanto cara hanno la vita sua, lasciasseno alcuno entrare in casa o fuori uscire, fino a tanto che egli non ritornasse a loro. I servi, desiderosi di compiacere al suo padrone, risposero che farebbero quanto gli era da lui imposto. Avendo adunque Teodosia, con qual mezzo non so, la venuta di Carlo persentita, dentro d’una povera cucina subito soletta si rinchiuse. Salito allora Carlo su per la scala della picciola casa, trovò la vecchia madre, la quale, fuori d’ogni sospizione d’essere in tal guisa salita, a filare si stava: e dimandolle della figliuola sua, da