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L’uno de l’altro il premio sodisfece,
Tal che ciascuno attese a i fatti suoi
Il primo vivo, per lor vivi e morti,
A parlar poi si puose con e morti.
Fu il sottil enimma di Fiordiana diversamente interpretato; ma non fu alcuno che aggiungesse al segno. E vedendo la compagnia che Fiordiana crollava la testa sorridendo alquanto, disse il Bembo: Signora Fiordiana, a me par sciocchezza grande a perder il tempo in questo. Dite voi ciò che vi pare, che del dir vostro tutti noi ci contentaremo. — Poichè così piace, disse Fiordiana, a questa orrevole compagnia che io delle mie cose sia interpretatrice, farollo molto volentieri: non ch’io sia a questa cosa bastevole, ma per sodisfare a tutti voi, a’ quali per molte cause mi veggio tenuta. Altro, vezzose donne, il nostro enimma non significa, se non lo scolare che si leva di letto la mattina per tempo a studiare; il quale, essendo vivo, fa viva l’esca con duo morti, cioè con l’acciaio e con la pietra. Dal qual vivo, cioè dall’esca vivificata, poi un morto, che è il lume, riceve la vita. Dopo, il primo vivo, che è lo scolare, per virtù de’ duo vivi e morti sopradetti si pone a ragionare con e morti, che sono i libri da uomini dotti già gran tempo composti. Piacque sommamente a tutti la isposizione del sottilissimo enimma dalla discreta Fiordiana ingeniosamente raccontato. E perchè oggimai s’appressava la mezza notte, la Signora ordinò che Lionora alla sua favola desse cominciamento. La quale più lieta che mai con festevole sembiante così a dire principiò: