chiuse l’uscio della camera, e, andatosene a loro, disse: Ora, malvagie femine, è venuto il tempo che io mi vendicherò di voi e farovvi portare la pena dell’ingiuria fattami per lo mio grande amore. Le donne, udendo queste parole, rimasero più morte che vive, e cominciorono ramaricarsi molto d’aver altrui offeso; e, appresso questo, maladicevano loro medesime che troppo si avevano fidate in colui che odiare dovevano. Il scolare con turbato e minaccevole viso comandò che, per quanto caro avevano la vita loro, tutta tre ignude si spogliassino. Il che intendendo, le ghiottoncelle si guatarono l’una con l’altra, e dirottamente cominciorono a piangere: pregandolo, non già per loro amore, ma per sua cortesia e innata umanità, l’onor suo riservato le fusse. Il giovane, che dentro di sè tutto godeva, in ciò le fu molto cortese: non volse però che nel suo conspetto vestite rimanessero. Le donne, gittatesi a’ piedi del scolare, con pietose lagrime umilmente lo pregorono licenziare le dovesse, e che di sì grave scorno non fusse cagione. Ma egli, che già fatto aveva di diamante il cuore, disse questo non essere di biasmo ma di vendetta segno. Spogliatesi adunque le donne e rimase come nacquero, erano così belle ignude, come vestite. Il giovane scolare, riguardandole da capo a’ piedi e vedendole sì belle e sì delicate che la lor bianchezza avanzava la neve, cominciò tra sè sentire alquanta compassione; ma nella memoria ritornandoli le ricevute ingiurie e il pericolo di morte, scacciò da sè ogni pietà, e nel suo fiero e duro proponimento rimase. Appresso questo, l’astuto giovane tolse tutte le vestimenta loro e altre robbe che in dosso portate avevano, e in uno camerino ivi vicino le pose, e con parole assai spiacevoli le ordinò che tutta tre, l’una