tivello con Simforosia in dolci e dilettevoli ragionamenti, e parendogli omai ora di andarsene a letto e coricarsi a lato lei, disse Simforosia: Anima mia dolce, innanzi che noi andiamo a letto, mi pare convenevole cosa che noi si riconfortiamo alquanto; — e, presolo per la mano, lo condusse in uno camerino ivi vicino, dove era una tavola apparecchiata con preziosi confetti e ottimi vini. Aveva la sagace donna alloppiato il vino per far che egli s’addormentasse fino a certo tempo. Filenio prese il nappo e lo empì di quel vino, e, non avedendosi dell’inganno, intieramente lo bevè. Restaurati li spiriti, e bagnatosi con acqua nanfa e ben profumatosi, se n’andò a letto. Non stette guari, che il liquore operò la sua virtù, e il giovane sì profondamente s’addormentò, che ’l grave tuono delle artigliarie e di ogni altro gran strepito malagevolmente destato l’arebbe. Laonde Simforosia, vedendo che egli dirottamente dormiva e il liquore la sua operazione ottimamente dimostrava, si partì, e chiamò una sua fante giovane e gagliarda che del fatto era consapevole, e amendue per le mani e per li piedi presero il scolare, e, chetamente aperto l’uscio, lo misero sopra la strada, tanto lungi da casa, quanto sarebbe un buon tratto di pietra. Era circa un’ora innanzi che spuntasse l’aurora, quando il liquore perde la sua virtù e il miserello si destò: e, credendo egli esser a lato di Simforosia, si trovò scalzo e in camiscia e semimorto da freddo giacere sopra la nuda terra. Il poverello, quasi perduto delle braccia e delle gambe, a pena si puote levar in piedi; ma pur con gran malagevolezza levatosi, e non potendo quasi affermarsi in piedi, meglio che egli puote e seppe, senza esser d’alcuno veduto, al suo albergo ritornò, e alla sua salute provedè. E se non fusse