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con non picciolo spavento di morte. Ma curato diligentemente dal medico, si riebbe, e ricuperò la pristina salute. Non passorono molti giorni, che Filenio seguì lo suo innamoramento facendo l’amore con le altre due: cioè con Pantemia e Simforosia; e tanto fece, che ebbe agio di parlare una sera con Pantemia: alla quale raccontò i suoi lunghi affanni e continovi tormenti, e pregolla di lui pietà avere dovesse. L’astuta Pantemia, fingendo averli compassione, si iscusava di non aver il modo di poterlo accontentare; ma pur al fine, vinta da’ suoi dolci preghi e cocenti sospiri, lo introdusse in casa. Ed essendo già spogliato per andarsene a letto con esso lei, Pantemia li comandò che andasse nel camerino ivi vicino, ove ella teneva le sue acque nanfe e profumate, e che prima molto bene si profumasse, e poi se n’andasse al letto. Il scolare, non s’avedendo dell’astuzia della malvagia donna, entrò nel camerino; e, posto il piede sopra una tavola diffitta dal travicello che la sosteneva, senza potersi ritenere, insieme con la tavola cadè giù in uno magazino terreno, nel quale alcuni mercatanti tenevano bambaia e lane. E quantunque di alto cadesse, niuno però male si fece nella caduta. Ritrovandosi adunque il scolare in quello oscuro luogo, cominciò brancolare, se scala o uscio trovasse; ma nulla trovando, maladiceva l’ora e ’l punto che Pantemia conosciuta aveva. Venuta l’aurora, e tardi accortosi il miserello dello inganno della donna, vide in una parte del magazino certe fissure nelle mura che alquanto rendevano di luce; e, per essere antiche e gramose di fastidiosa muffa, egli cominciò con maravigliosa forza cavare le pietre dove men forti parevano, e tanto cavò, che egli fece un pertugio sì grande, che per quello fuori se ne uscì. E trovandosi