bene e ogni mia vita da voi e non altronde dipende. La giovane donna, che Pantemia si chiamava, quantunque intendesse il tutto, non però li rispose, ma la danza onestamente seguì; e, finito il ballo, sorridendo alquanto si puose con le altre a sedere. Non stette molto, che lo innamorato Filenio prese la terza per mano: la più gentile, la più graziata e la più bella donna che in Bologna allora si trovasse, e con esso lei cominciò menare una danza, facendosi far calle a coloro che s’appressavano per rimirarla; e innanzi che si terminasse il ballo, egli le disse tai parole: Onestissima madonna, forse io parerò non poco prosontuoso scoprendovi ora il celato amore che io vi portai e ora porto; ma non incolpate me, ma la vostra bellezza, la quale a ciascaduna altra donna vi fa superiore, e me come vostro mancipio tene. Taccio ora i vostri laudevoli costumi; taccio le egregie e ammirabili vostre virtù, le quali sono tante e tali, che hanno forza di far discendere giù d’alto cielo i superni Dei. Se adunque la vostra bellezza, accolta per natura e non per arte, aggradisce agli immortali Dei, non è maraviglia se quella mi stringe ad amarvi e tenervi chiusa nelle viscere del mio cuore. Pregovi adunque, gentil Signora mia, unico refrigerio della mia vita, che abbiate caro colui che per voi mille volte al giorno more. Il che facendo, io riputerò aver la vita per voi, alla cui grazia mi raccomando. La bella donna, che Simforosia si appellava, avendo ottimamente intese le care e dolci parole che dal fuocoso cuore di Filenio uscivano, non puote alcuno sospiretto nascondere; ma pur considerando l’onor suo e che era maritata, niuna risposta li diede; ma, finito il ballo, se ne andò al suo luogo a sedere. Essendo tutta tre una appresso l’altra, quasi