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Raccontato che fu da Isabella lo ingenioso enimma, tutti stupefatti rimasero, nè poteansi persuadere che uno dovesse dare quello che egli non aveva, nè era per lo innanzi per avere. Ma la prudente Isabella, vedendo i loro animi tutti sospesi, disse: Non vi maravigliate, signori miei; perciò che l’uomo può dare alla donna quello che egli non ha, nè è per avere: cioè l’uomo non ha marito, nè mai è per averlo; ma ben può l’uomo dare alla donna marito. Piacque molto ad ognuno la risoluzione dello enimma; e, comandato il silenzio a tutti, si levò Fiordiana, che presso Isabella sedeva, e con lieto e festevole viso disse: Signora mia, e voi, onorandissimi signori, il mi parrebbe convenevole, tuttavia così parendo a tutti voi, che ’l nostro Molino con una sua facezia rallegrasse questa nostra dolce compagnia. E questo io dico non già che io scampi la fatica, per ciò che ne ho molte per le mani, ma perchè la favola raccontata da lui con la sua buona grazia vi sarà di maggior piacere e contentamento. Egli, sì come voi sapete, è ingenioso e faceto, ed ha tutte quelle buone parti che ad una gentilissima persona si convengono. Ed a noi, semplici donne, starebbe meglio l’aco in mano, che ’l raccontare le favole. A tutti piacque il parlare della prudente Fiordiana, e sommamente la laudarono: e la Signora, gettati gli occhi adosso al Molino, disse: Signor Antonio, ora con una leggiadra favola ne rallegrarete tutti; e comandolli che incominciasse. Il Molino, che non pensava di favoleggiare, ringraziò prima Fiordiana delle lodi che ella date gli aveva; dopo, ubidientissimo alla Signora, in cotal guisa alla sua favola diede principio.