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FAVOLA IV.

Duo fratelli s’amano sommamente; l’uno cerca la divisione della facultà: l’altro gli consente, ma vuole che la divida. Egli la divide; l’altro non si contenta, ma vuole la metà della moglie e de’ figliuoli: e poi s’aquetano.

Grande veramente, amorevoli e graziose donne, è l’amore del tenero padre verso il suo figliuolo; grande è la benivolenza del stretto e fedel amico verso l’altro; grande è l’amorevolezza che porta l’orrevole cittadino alla cara e diletta sua patria. Ma non minore giudico esser quello di duo fratelli, quando sommamente e con perfetto amore s’amano insieme. Da questo, avenga che sovente il contrario si vegga, riescono lieti e maravigliosi effetti, che oltre la speranza riducono l’uomo al desiderevole fine. E di ciò io ne potrei addurre infiniti esempi: i quali, per non fastidire questa nobile e grata compagnia, con silenzio passo. E per attendere a quanto vi ho promesso, intendo ora di raccontarvi un caso poco tempo fa a duo fratelli avenuto, il quale spero vi sarà piú tosto di non picciolo frutto, che di contentezza.

In Napoli, città nel vero celebre e famosa, copiosa di leggiadre donne, costumata e abondevole di tutto quello che imaginar si puote, furono due fratelli; l’uno di quai si chiamava Ermacora, e l’altro Andolfo. Costoro erano di stirpe nobile e della famiglia Carafa, e ambiduo dotati di risvegliato ingegno; e appresso questo maneggiavano molte merci, con le quali avevano acquistato un ricco tesoro. Questi, sendo ricchi e di nobil parentado e senza moglie, come ad amorevoli fratelli conviene, vivevano a comuni spese; e tanto era il loro fratellevole amore, che l’uno non faceva cosa veruna, che non