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favola terza 25

no, figliuol mio; anzi son io piú costante che prima. Ma considerando che tutto ’l giorno fino alla buia notte te ne stai a bottega a lavorare, e vedendo questa maledizzion di rogna averti sí attenuato che appena la ti lascia vivo, molto m’attristava. Onde mossa a compassione di te, volsi prepararti alcuna delicata vivanda, acciò che tu potesti sovenire alla natura, e piú gagliardamente resistere al tormento della rogna che tu sopporti. — Panfilio, che era giovanetto e semplice, non s’avedeva dell’astuzia materna, e che ’l serpe era tra bei fiori nascoso; ma postosi a mensa appresso il fuoco con la madre, cominciò saporitamente mangiare e allegramente bere. Ma l’astuta e maledetta madre ora moveva le legna e soffiava nel fuoco acciò che maggiormente ardesse: ora gli apporgeva il dilicato sapore di specie condito, acciò che dal cibo e dal calor del fuoco acceso, maggiormente si grattasse la rogna. Stando adunque Panfilio appresso il fuoco e avendo a saturità empiuto il ventre, vennegli una sí fatta rabbia di pizza, che si sentiva morire; ma pur volgendosi e rivolgendosi or qua or là, quanto piú mai poteva, sofferiva il tormento. Il cibo salato e con spezie condito, il vino greco e il calor del fuoco gli avevano già sí fieramente accese le carni, che ’l miserello non puote piú durare; ma squarciatisi e panni dinanzi il petto, e slacciatesi le calze, e levatesi le maniche della camiscia sopra le braccia, si puose sí fortemente a grattarsi, che d’ogni parte a guisa di sudore il sangue pioveva: e voltatosi verso la madre, che tra se stessa rideva, ad alta voce disse: — Ogn’un torni al suo mistero!(2) ogn’un torni al suo mistero! — La madre, vedendo già aver vinta la lite, finse di dolersi; e disse al figliuolo: — Panfilio, che sciocchezza è la tua? Che pensi tu di fare? È questa la promessa che fatta mi hai? Tu non potrai piú dolerti di me, ch’io non ti abbia servata la fede. — Panfilio, tuttavia forte grattandosi, con animo alquanto turbato rispose: — Madre, ogni un torni al suo mistero; voi farete e fatti vostri, ed io farò e miei. E d’allora in qua il figliuolo non ebbe piú ardire di riprender la madre, ed ella ritornò alla usata sua mercatanzia, aumentando le facende sue. —