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FAVOLA III.

Polissena vedova ama diversi amanti; Panfilio suo figliuolo la riprende: ella li promette di rimoversi, s’egli cessa grattarsi la rogna; egli le promette, la madre l’inganna: e finalmente ogn’uno ritorna all’opra sua.

La donna, assuefatta ad alcuna cosa, o buona o rea che si sia, non si può da quella agevolmente astenere; perciò che in quell’abito, ch’ella è lungamente vivuta, persevera fino al termine della vita sua. Per il che intendo ora raccontarvi un caso ad una vedovella avenuto; la quale, abituata nella puzzolente lussuria, non puote mai per modo alcuno da quella rimoversi, anzi con uno sottil inganno fatto al proprio figliuolo, che amorevolmente la riprendeva, non cessò dal suo malvagio proponimento, sí come nel discorso del mio ragionare a pieno intenderete.

Fu adunque, graziose donne, poco tempo fa, e forse ancora udito l’avete, nella pomposa ed inclita città di Vinegia, una vedovella, Polissena per nome chiamata, donna nel vero giovane di anni, e di corpo bellissima: ma di bassa condizione. Costei col proprio marito ebbe un figliuolo, Panfilio chiamato, giovene ingenioso, di buona vita, e di laudevoli costumi; ed era aurifice. E perchè, sí come ho detto di sopra, Polissena era giovane vaga e piacevole, molti uomini, e di primai della città, la vagheggiavano, e fortemente la solecitavano. Ed ella, che già provati aveva e piaceri del mondo e i dolci abbracciamenti d’amore, agevolmente condescendeva alla volontà di coloro che la sollecitavano, e in anima e in corpo a quelli si dava. Ella, essendo tutta fuoco, non si sottometteva a uno o duo amanti, il che sarebbe stato errore degno di