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FAVOLA IV.

Fortunio servo, volendo amazzare una mosca, uccide il suo patrone, e dall’omicidio con una piacevolezza fu liberato.

[La signora Veronica]

Io piú volte ho udito dire, prestantissimi signori miei, che gli peccati che non si commetteno coll’animo, non sono cosí gravi, come se volontariamente si commettessero; e da qua procede che si perdona alla rusticità, alli fanciulli e ad altre simili persone, le quali non peccano sí gravemente, come quelle persone che sanno. Laonde, essendomi tocca la volta di raccontarvi una favola, mi occorse alla mente quello che avenne a Fortunio servo, il qual volendo, amazzare una mosca canina che annoiava il suo patrone, inavertentemente uccise esso patrone.

Era nella città di Ferrara un speciale assai ricco, e di buona famiglia, e, aveva un servo chiamato per nome Fortunio, giovane tondo e di poco senno. Avenne ch’ l patrone per lo gran caldo, che all’ora era, s’addormentò; e Fortunio col ventolo li cacciava le mosche, acciò che potesse meglio dormire. Avenne che tra l’altre mosche ve n’era una canina molto importuna, la quale, non curandosi di ventolo nè di percosse, s’accostava alla calvezza di quello, e con acuti morsi non cessava di morderlo; e avendola indi cacciata due, tre e quattro volte, ritornava a darli fastidio. Finalmente, vedendo Fortunio la temerità e presonzione dell’animale, nè potendo piú resistere, imprudentemente si pensò di amazzarla. E stando la mosca sopra la calvezza del patrone, e succiandogli il sangue, Fortunio servo, uomo semplice e inconsiderato, preso un pistello di bronzo di gran peso, e quello con gran forza ammenando, pensando di uccider la mosca, uccise il patrone. Onde vedendo