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favola quinta 153

che li querelanti abbandonavano le loro querele. Aveva Rosolino un solo figliuolo, il quale per natura era tutto contrario al padre, e teneva vita molto laudevole e santa. Egli piú volte con dolci parole riprese il padre della sua trista e scelerata vita, e dolcemente pregollo ch’omai ponesse fine a tante sceleragini, dipingendogli i strabocchevoli pericoli, ne’ quai continovamente viveva. Ma nel vero l’ammonizioni saggie del figliuolo erano frustatorie e vane; perciò che maggiormente che prima egli attendeva al suo disonesto essercizio, e altro non si udiva di giorno in giorno, se non: egli è stato spogliato il tale, egli è stato ucciso il tale.

Perseverando adunque Rosolino nel suo fiero e bestiale proponimento, e andando quotidianamente di mal in peggio, volse Iddio che fusse dagli sergenti del pretore preso e legato, e a Pavia condotto. Ed essendo dal giudice del maleficio constituito, sfacciatamente negò il tutto. Il che intendendo, il pretore ordinò che gli sergenti in ceppi con tenaci catene in prigione lo mettessero, dandogli solamente al giorno tre uncie di pane e tre di acqua, e che fusse con ogni diligenza custodito. E quantunque fusse grandissima altercatione tra li giudici, si doveano averlo per convenuto, o no, pur dopo molto contrasto parve al pretore e alla sua corte di andar alla tortura e aver dalla sua bocca la confessione.

Venuta la mattina, il pretore fece condurre Rosolino alla sua presenza, e tolse di volontà il constituto; ed egli come prima dinegò ogni cosa. Questo vedendo, il pretore comandò che fusse alla corda legato, e in alto levato. E quantunque piú volte Rosolino fusse stato crollato alla tortura, per gli indicii grandi ch’erano contra lui, non però mai volse confessare, anzi con grandissima costanza villaneggiava il pretore e la sua corte, dicendo ch’erano tristi, giotti, ladri, scelerati, e che meriterebbeno per la mala vita che tengono, e per l’ingiustizia che fanno, mille forche: affermando sè esser uomo da bene, di buona vita, nè esser alcuno che con verità dolersi possa di lui. Aveva il pretore, com’è detto di sopra, piú fiate contra Rosolino severamente proceduto, nè aveva lasciato specie di tormento, che