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144 notte decima

— Compagni parmi sentire una mala nuova: — ma elli che impiombate aveano le orecchie, nulla sentivano: e reiterate ancor le dette parole, meno udivano. Ma il lupo con cenni e motti tanto fece, che pur compresero non so che di morte. Laonde l’orso con le indurate unghie e curve, tanto penetrò nelle orecchie del leone, che gli estrasse il piombo; e parimenti fece il leone all’orso e al lupo. Essendo adunque a ciascun di loro tornato l’udito, disse il lupo alli compagni: — Parmi aver sentito ragionamento della morte del signor nostro. — E non venendo il signor, secondo il costume suo, a visitarli e dargli il cibo, tennerono per certo lui esser morto. E usciti di casa tutta tre, corsero là dove i becchini portavano il corpo morto. I chierici e l’altre persone che accompagnavano il corpo morto alla sepoltura, veduti gli animali, si misero a fuggire; e quelli che portavano la bara, la misero giú, e si dierono parimenti alla fuga; altri di piú coraggio volsero vedere il fine. I tre animali con denti e con unghie tanto fecero, che spogliarono al suo signore le vestimenta, e volgendolo da ogni parte, trovarono la piaga. Allora disse il leone all’orso: — Fratel mio, or fa dibisogno d’un poco di grasso delle budella tue; perciò che, tantosto che unta sarà la piaga, il signor nostro risusciterà. Rispose l’orso: — Non fa mestiero dir altre parole; io aprirò la bocca a piú mio potere, e tu porrai la zampa dentro, e trarrai del grasso a tuo piacere. — Il leone pose la zampa dentro della gola dell’orso, che si ristringeva acciò che piú in giú la potesse ficcare, e cavolli il grasso che facea bisogno, e con quello unse d’ogni intorno la piaga del signore. Ed essendo ben mollificata, la succhiava con la bocca; indi tolse certa erba e cacciolla nella piaga, e tanta fu la sua virtú, che subito andò al core, e quello sommamente allegrò. Laonde il signor a poco a poco cominciò aver le forze: e di morto, vivo rivenne. Il che vedendo quelli che vi erano presenti, restorono stupefatti; e subito corsero al re, e gli dissero, Cesarino vivere. Inteso questo, il re e la figliuola, che Doratea54 si chiamava, vi andorono in contra, e con insperata letizia l’abbraciorono, e con gran festa al regal palazzo lo condussero. Venne la nuova alla madre