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favola terza 141

e fiero mostro; e messo mano ad un suo coltellone, che a lato teneva, gli spiccò il capo dal busto: e postolo in un saccone che seco aveva, caminò verso la città. E caminando di buon passo, aggiunse la donzella che al padre ritornava, e con lei s’accompagnò; e giunto al real palazzo, l’appresentò al padre, il qual, veduta la ritornata figliuola, quasi da soverchia letizia se ne morí. Il contadino tutto allegro, trattosi il cappello che in capo aveva, disse al re: — Signore, la figliuola vostra a me tocca per moglie, però che la campai dalla morte; — e in segno della verità trasse dal saccone l’orribil teschio dell’uccisa fiera, e appresentollo al re. Il re, considerando il teschio dell’altero e non piú veduto mostro e compresa la liberazione della figliuola e del paese, ordinò un onorato trionfo e una superba festa, alla quale furono invitate tutte le donne della città; le quali, pomposamente vestite, vennero a congratularsi con la liberata figliuola.

Avenne che l’eremita, in quell’ora che si preparavano le feste e’ trionfi, era nella città; e già intonavagli nell’orecchi un villano aver ucciso il dracone, ed in premio della liberazione della figliuola del re, deverla aver per moglie. Il che l’eremita udiva non senza grandissimo dolore; e lasciato da canto in quel giorno il mendicare, ritornò a l’eremitorio, raccontando la cosa a Cesarino, come passava. Il quale, intesala, assai si dolse; e presa la lingua dell’ucciso dracone, li fece aperta fede lui esser stato quello che la fiera uccisa aveva. Il che intendendo l’eremita e apertamente conoscendo lui esser stato l’uccisore, al re se n’andò; e trattosi il povero cappuccio di capo, cosí gli disse: — Sacratissimo re, egli è cosa detestabile molto, che un malvaggio e reo uomo, consueto ad abitare nelle spelunche, divenga marito di colei ch’è fior di liggiadria, norma di costumi, specchio di gentilezza e dotata d’ogni virtú: e tanto piú, che egli cerca ingannare vostra maestà, affermandole esser vero quello di che egli per la gola si mente. Io, desideroso dell’onor di vostra maestà e dell’utile della figliuola vostra, sono qui venuto per discoprirle, colui che si vanta aver liberata la figliuola, non esser quello che uccise il dracone.