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favola quarta 115

il valente prete, non si addimanda ignis, ma carniscoculum. Ma dimmi, Pirino mio, per la tua fè, come si chiama l’acqua? — Limpha, — rispose Pirino. — Ahimè, — disse pre’ Papiro; — che dici tu? Bestia andasti a Padova, e bestia tornasti. — E voltatosi alla compagnia, disse: Sappiate, fratelli miei, che la esperienza è maestra di tutte le cose, e che l’acqua non s’addimanda limpha, ma abondantia: per ciò che, se voi andate a i fiumi per attinger l’acqua o per abbeverare gli vostri animali, l’acqua non vi manca, e però dicesi abondantia. — Gianotto stavasi come insensato ad ascoltare, e dolevasi della perdita del tempo e di danari mal spesi. Vedendo pre’ Papiro Gianotto star di mala voglia, disse: — Vorrei solamente saper da te, Pirino mio, come si addimandano le ricchezze, e poi mettemo fine alle nostre interrogazioni. Rispose Pirino: — Divitiae, divitiarum. — O figliuolo mio! tu t’inganni e tu sei in grand’errore; per ciò che si chiamano sostantia, perchè sono sostentamento dell’uomo. — Finito il bel convito e le interrogazioni, pre’ Papiro tirò Gianotto da parte e dissegli: — Gianotto, compare mio, voi potete facilmente comprendere quanto poco frutto abbia fatto il figliuol vostro in Padova. E però per consiglio mio no ’l manderete piú in studio, a ciò che egli non perda il tempo e voi i dinari; e se altrimenti farete, voi ve ne pentirete. — Gianotto, che non sapea piú oltre, diede fede alle parole del prete; e spogliato il figliuolo dei cittadineschi panni e vestitolo di griso, il mandò dietro a’ porci. Pirino, vedendosi falsamente superato dalla ignoranza di Papiro, nè aver potuto disputar seco, non già ch’egli non sapesse, ma per non conturbare e parenti che gli davano l’onore, e vedendosi di scolare fatto custode di porci, ritenne nella mente il conceputo dolore; e in tanto sdegno e furore divenne, che al tutto deliberò di vendicarsi di sí ignominioso scorno. E la fortuna in questo gli fu molto favorevole, perciò che, andando un giorno pascendo e porci dinanzi la casa del prete, vidde la sua gatta, e tanto col pane l’avezzò, che la prese; e trovata certa stoppa grassa, glie la legò alla coda; e datole il fuoco, la lasciò fuggire. La gatta, sentendosi strettamente